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Immagine del redattoreMartina Nicelli

Pet Sematary: la rivelazione Stephen King (almeno per me)

La consacrazione di King è arrivata, almeno per me, con Pet Sematary.


Arrivavo da un Duma Key che mi aveva delusa: troppo romanzo, poca concretezza. Un King diverso, più introspettivo, non per questo sbagliato. Semplicemente, non mio.


Controvoglia avevo iniziato questo nuovo libro, suggerito dal solito amico appassionato dello scrittore americano, e acclamato – come ho avuto modo di scoprire in seguito – da critica e persino dallo stesso autore come “il libro più inquietante che Stephen King abbia mai scritto”.


E’ capitato poche volte che la mia opinione – soprattutto in tema di libri - si uniformasse pienamente a quella degli altri lettori. Non per vanto, né per scontrosità: semplicemente, perché non riesco a non scorgere più del dovuto in tutto quello che mi capita tra le mani. E non è sempre cosa buona e giusta (anzi, non lo è quasi mai). Allora ecco che un libro o un autore generalmente apprezzato (Ammaniti, ad esempio) diventano ai miei occhi pesanti, illeggibili, e personaggi di assoluta secondaria rilevanza acquistano un’importanza spropositata.


Con Pet Sematary non mi è successo nulla di tutto ciò: è “il libro più inquietante che Stephen King abbia mai scritto”, punto. Si legga: inquietante nel senso di commuovente, puro, spaventoso. E non ci sono nemmeno strane presenze notturne o manicomi (cose che, di solito, mi creano uno stato di terrore indescrivibile).


Pet Sematary è un libro complesso, in quanto contiene più livelli di lettura capaci di soddisfare il gusto sia di chi cerca una avvincente storia dai tratti horror, sia di chi apprezza il confronto con tematiche spinose e delicate.


La storia è ambientata immancabilmente nel Maine, nella cittadina di Ludlow, dove il dottor Louis Creed si trasferisce con la famiglia per motivi di lavoro; il giorno stesso del suo arrivo, l'uomo viene messo al corrente dall'anziano vicino Jud circa la presenza di un cimitero per gli animali domestici che vengono uccisi sulla vicina strada statale. Una serie di sogni terribilmente reali fanno però capire all'uomo che c'è ben altro nascosto nei boschi, oltre la barriera di tronchi che delimita il cimitero: una presenza malvagia collegata all'antica tribù indiana dei Micmac, pronta a scatenare degli eventi tragici pur di conquistare il potere perduto.


Tragico e – forse proprio per questo – terrificante, Pet Sematary è un romanzo sul rifiuto della morte. Si sa: quest’ultima, se affrontata adeguatamente, è (forse) l’unico argomento al mondo capace di trasformare una storia mediocre in un capolavoro. Non è il caso di Pet Sematary, che di mediocre non ha proprio nulla, ma che comunque assegna alla morte – argomento impronunciabile, una sorta di segreto sussurrato di generazione in generazione – un ruolo da primadonna.


La riflessione sul desiderio umano di prevalere sulla morte -non a caso il protagonista è un medico!- viene rappresentato dall’autore in tutti i suoi confini, perfettamente sfumati, quasi a voler ribadire che, si sa, della morte non si parla, e allo stesso tempo precisi; la morte va a sostituirsi all'antagonista della storia, finendo per diventarlo e dimostrandosi ben più efficace di qualsiasi mostro.


Ho provato un’infinita pena per Louis Creed, smisurata perché io stessa riuscivo pienamente a comprenderla e a immedesimarmi in lui. Sono pienamente convinta del fatto che i veri maestri si distinguano per questo: conosci un loro personaggio, e immediatamente capisci quello che sta vivendo. Anche se non l’hai mai veramente vissuto sulla tua pelle, tu sai istintivamente che, se ti accadesse, ti sentiresti proprio così. Mentre leggevo l’angoscia di Louis, i suoi desideri più inconfessabili e, perché no, atavici, non mi è mai passato per la mente - nemmeno una singola volta - di giudicarlo. Finito Pet Sematary, ho pensato che Louis Creed fosse il personaggio più umano di cui io avessi mai letto.


Probabilmente sbaglia chi crede che vi sia un limite all'orrore che la mente umana può sperimentare. Al contrario, per quanto possa dispiacere ammetterlo, l'esperienza umana tende, per molti aspetti, a confermare che, quando l'incubo diventa sufficientemente cupo, orrore dà origine a orrore, un male fortuito genera altri e spesso più deliberati mali, finché la tenebra sembra ricoprire tutto. E l'interrogativo più agghiacciante potrebbe essere, forse, quanto orrore la mente umana può sopportare pur conservando un equilibrio vigile, attento, implacabile.”


Si può davvero accettare la morte? Se ci fosse una sola, piccola, possibilità che tutto ritorni alla normalità, non ci aggrapperemmo ad essa con tutte le nostre forze? Ad oggi, la risposta credo di saperla. Ed è questa tutta la verità di Pet Semetary e, ovviamente, del suo autore.

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