La mia insofferenza nei confronti della letteratura francese è nota ai più.
Ciononostante, ho deciso di dare a Flaubert un’altra possibilità dopo “Madame Bovary”, tortura liceale che, francamente, non desideravo ripetere.
Ho scelto “L’educazione sentimentale”, altro suo romanzo parecchio famoso, non quanto quello della nostra Emma, ma comunque noto.
Come dissi a qualcuno, leggere Flaubert è come rivivere la stessa scena un’infinità di volte, fino a che il libro non è finito. I romanzi francesi mi ricordano la sensazione di soffocamento delle case degli accumulatori seriali, oppure degli incubi in cui non riesci a realizzare il tuo obiettivo, nonostante tutti gli sforzi. Se penso ai romanzi francesi, penso a una parete ingombra di libri antichi e ninnoli, a un tappeto spesso, a delle poltrone, tutto fiocamente illuminato da una lampada a olio.
Non posso dire che “L’educazione sentimentale” sia un libro criticabile - conosco persone che leggerebbero romanzi francesi dell’Ottocento per tutti i giorni della loro vita – e non posso nemmeno dire che sia scritto male – d’altronde dei morti, soprattutto quelli che lo sono da molto tempo, non si può dir cattiverie: eppure non lo rileggerei, nemmeno sotto tortura.
Sono ben conscia del fatto che la critica lo inserisca di diritto tra gli esempi più convincenti di romanzo ottocentesco: questo mi impedirà di criticarlo? Non credo.
“L’educazione sentimentale” è il classico esempio di romanzo sentimentale, che unisce un approfondito affresco storico, una precisa ricostruzione ambientale e di costume, a una trama romantica. Queste caratteristiche non devono essere mai disgiunte da una forma letteraria curata e rigorosa e da uno studio psicologico approfondito dei caratteri dei personaggi.
Tutto questo mi annoia a morte.
Mi dispiace Frederic Moreau, mi dispiace da morire. Ci ho provato, lo giuro, e per i primi capitoli mi sono anche convinta che forse, almeno questa volta, non avrei lasciato a metà la lettura come, invece, mi è capitato per tutti i libri francesi (e russi, ma questa è un’altra storia) che ho letto.
Il romanzo l’ho terminato, e solo per questo mi merito un premio. Segno che più invecchio, più divento testarda?
Consiglierei questa lettura a chi ama il genere del romanzo sentimentale. In quel caso, il libro è perfetto. Il problema arriva quando quelli come me – tedescofili e amanti del noir scandinavo –provano ad approcciarsi a queste letture. Il risultato sarà sempre uno. Noia. Anzi, ennui.
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