Kate Atkinson non mi diceva nulla. Non l’avevo mai sentita nominare, e a dirla tutta la copertina de "I casi dimenticati" era abbastanza anonima, così come il titolo. Ci ho pensato un po' prima di comprarlo: ero indecisa col solito giallo scandinavo (senza nulla togliere a questo genere, sia chiaro). Poi, per fortuna, l’ho impilato assieme a quelli che avevano già superato lo scoglio dell’indecisione e me lo sono portato a casa. Mai scelta fu più azzeccata.
Ho scoperto che Kate Atkinson ha vinto tre Costa Book Awards (uno dei più importanti premi letterari inglesi e irlandesi), è autrice di racconti, a volte di stampo comico altre più satirico e le sue tematiche preferite sono la vita mondana e la crescita dei suoi protagonisti, di solito persone sole. A volte si cimenta anche come scrittrice di gialli e polizieschi, ed è proprio qui che rientra “I casi dimenticati”, la prima indagine di Jackson Brodie, prima ispettore, ora solo investigatore privato.
Dopo aver terminato questo romanzo, ho capito due cose: la prima, è che il mio innamoramento letterario è molto facile, ma rasenta il colpo di fulmine quando si parla di protagonisti malinconici e malconci, arrabbiati con loro stessi, sconsolati, maleduca
ti. La seconda, è che scegliere libri di autori sconosciuti è una mossa che, per ora, mi ha premiata. Leggerò altro di Brodie, sì.
La scrittura della Atkinson è cruda, a volte volgare, concisa. Non si abbandona ad inutili orpelli, non si sofferma su troppi particolari. O forse, si sofferma solo su quelli giusti.
Ho terminato questo libro in poco meno di due settimane e, una volta girata l’ultima pagina, mi è salita una tristezza incredibile. Nei giorni successivi, spesso mi è capitato di pensare ad Amanda e a Marlee, chiedendomi cosa stessero facendo e se Jackson era stato ancora così scorbutico con loro. Non mi succedeva dalla lettura de “I Buddenbrook” di Mann di sentirmi così sconsolata una volta finito un libro. Buon segno.
Il giallo, di per sé, non è granché. Nel senso che il romanzo non è costruito come un giallo nel vero senso della parola. I colpevoli, alla fine, sono persone sconosciute, o già palesate al lettore come colpevoli. C’è solo una esposizione del loro crimine, nessuna scoperta. Eppure, questo giallo è un giallo dell’animo umano. Se non si scopre il colpevole nel vero senso della parola, si scoprono gli abissi che si nascondono dentro ognuno di noi.
L’ambientazione è una Cambridge pullulante di turisti, di mandrie di scolaresche in gita. L’Inghilterra, così come la letteratura nordica e tedesca, mi regala sempre grandi soddisfazioni. La Atkinson non è stata da meno. Attendo i sequel delle indagini di Jackson Brodie. How nice is this.
Comments