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Immagine del redattoreMartina Nicelli

Dove sono stata negli ultimi nove mesi. Una guida rapida al mondo di Ken Follett

Aggiornamento: 19 gen 2022

No, non è quello che pensate voi. Il mio tempo non è stato rubato da un pargolo, e tantomeno da ospedali, culle e baby shower (per essere moderna). Oggi si è concluso un viaggio, iniziato a ottobre 2020, quando era ancora autunno e avevo appena terminato il solito giallo scandinavo (per la precisione, “La stagione del sangue” di Samuel Bjork). In quel momento, presi una delle mie solite decisioni poco ragionate ma imperative: rileggere la quadrilogia di Ken Follett.


Esatto, direte voi, proprio quella quadrilogia. Quella che inizia con “I pilastri della terra” e che si è conclusa (o per meglio dire, è iniziata) a fine 2020 con la pubblicazione del quarto volume, “Fu sera e fu mattina”.


Devo già parzialmente correggermi, in realtà, perché la mia rilettura si è limitata agli ultimi tre volumi (o, per meglio dire, il primo volume e gli ultimi due. Questo aspetto deve essere subito chiarito: “Fu sera e fu mattina” è il primo della serie in ordine cronologico, poi viene “I pilastri della terra”, poi “Mondo senza fine” e poi “La colonna di fuoco”. La bagarre si crea perché, in realtà, “Fu sera e fu mattina” è l’ultimo volume che è stato dato alle stampe). “I pilastri della terra” non l’ho riletto, l’ho lasciato lì, nella mia memoria da studentessa del liceo: non perché non avessi voglia di rincontrare Jack e Aliena, Kingsbridge e, in fin dei conti, rileggere il miglior libro della quadrilogia, ma semplicemente mi piaceva pensare che potesse rimanere lì, fermo nel tempo e a quello che la me di qualche anno fa aveva pensato di lui.


“Mondo senza fine” è, sostanzialmente, la storia di Merthin, Caris, Gwen e Ralph. Come per “I pilastri della terra”, questo è ancora un romanzo davvero corale, dove ogni personaggio ha il suo filone narrativo e il lettore ha il tempo di appassionarsi alle loro storie. C’è Merthin, che sembra Jack e come lui vuole fare il costruttore. C’è Caris, indomita e coraggiosa come Aliena, innamorata di Merthin fino alla fine. C’è Gwen e la sua storia contadina, una parentesi bellissima all’interno di un mondo medievale altrettanto affascinante. Se ne “I pilastri della terra” veniva costruita una cattedrale per opera di Jack il Costruttore, qui Merthin costruirà un ponte che collegherà Kingsbridge alle altre città. Qui siamo nel 1300, duecento anni dopo la storia di Jack e Aliena, e i personaggi al centro della storia sono i discendenti dei protagonisti del primo romanzo. Il libro ripercorre i principali fatti storici del XIV secolo inglese, dalla deposizione del re Edoardo II per mano della moglie Isabella e del suo amante Roger Mortimer, fino alla Guerra dei cent’anni. Ad un certo punto, più o meno verso metà del libro, arriva l’epidemia di peste nera, che si abbatte sull’Inghilterra e sul continente europeo medievale come un ciclone inarrestabile. Le tragedie hanno fascino, si sa, è la vecchia storia che “un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce” (dice un vecchio proverbio cinese). Per questo, i capitoli più affascinanti del libro, quelli che non ti fanno staccare gli occhi dalle pagine, sono proprio quelli sulla peste, che, come una nube, accerchia il vecchio continente, e lentamente scende verso terra… “Mondo senza fine” ha anche tantissime pagine. Aggiungerei che è davvero senza fine, ma sarebbe una battuta poco divertente e molto scontata. In queste 1500 pagine, si intrecciano storie, vite, scontri, batoste, morti e nascite. Quando arrivi alla fine, ti sembra di aver letto cinque libri: un po' come se fossi nel bel mezzo dell’altra trilogia di Ken Follett (n.d.A. quella sul Novecento. La mia trilogia preferita in assoluto: prima o poi la rileggerò), solo che quella dura per tre volumi, per un totale di circa 5000 pagine, e i personaggi sono sempre gli stessi, diventano solo più vecchi. Anche qui ho avuto la stessa sensazione: di trovarmi di fronte a una storia ricca di storie. Se solo non avessi fiutato in più punti certe – troppe – somiglianze con il ben più famoso “I pilastri della terra”, quelle che con l’andare avanti della mia rilettura avrei cominciato a identificare come un modus operandi ripetitivo di Follett, oggi avrei detto che “Mondo senza fine” è una delle storie più belle, complesse e amalgamate che io abbia mai letto.


“La colonna di fuoco”, oltre ad essere l’ultimo romanzo della quadrilogia in ordine di tempo, è anche l’ultimo che ho letto durante il mio viaggio medievale. Da aprile a giugno, mi sono immersa totalmente nelle vicende storiche inglesi dal XII al XVI secolo. Questo è il volume più politico e meno narrativo di tutta la serie: il libro, incentrato sui valori della tolleranza religiosa, ha inizio nel Natale del 1558 e attraversa gli anni dei conflitti tra le fazioni religiose cristiane in seguito alla riforma protestante, con particolare attenzione alle ripercussioni sulla monarchia inglese. I personaggi -moltissimi, troppi a tratti - non sono indimenticabili, i cambi improvvisi di carattere sono un po' troppo frequenti anche per un libro di settecento pagine e le loro azioni, così come il loro spostarsi da una parte all’altra dell’Europa nei momenti più opportuni, finiscono per essere eccessivamente propizi e, quindi, irreali. Quando i personaggi finiscono per essere troppo protagonisti anche della storia vera beh, ho imparato che c’è qualcosa che non va.


“Fu sera e fu mattina” è il prequel de “I pilastri della terra”, pubblicato per ultimo in ordine di tempo, il 15 settembre 2020. Sempre ambientato nella città immaginaria di Kingsbridge, in Inghilterra, il romanzo ripercorre le vicende storiche inglesi dall'anno 997 all'anno 1007. Siamo nei c.d. “secoli bui”, non ci sono molte informazioni storiche relative a questo periodo ed è proprio Ken Follett a dircelo alla fine del libro, quasi a volersi scusare per tanta approssimazione. L’Inghilterra ha a che fare con le prime invasioni vichinghe, che stanno devastando i villaggi costieri e minacciano di espandersi sempre più verso l’interno dell’isola. I vichinghi sono selvaggi, arrivano con le loro navi e uccidono, razziano e stuprano. “Fu sera e fu mattina” è un libro violento, così come violenta era la vita di chi ha vissuto in quegli anni. In realtà, tutti i libri ambientati nel medioevo sono violenti, questi di Follett lo sono ancora di più (ed è giusto così, altrimenti non sarebbero così belli e reali). “Fu sera e fu mattina” è l’incarnazione della violenza: usata per punire, per vincere, spesso e volentieri è fine a sé stessa. Non è un libro facile.

I personaggi principali sono Edgar, un povero costruttore di barche, Ragna, una nobile normanna che sposa un inglese, Aldred, un monaco inglese, e il perfido vescovo Wynstan. Gli schemi di Follett si ripetono anche in questo volume: il protagonista è un costruttore che vive di un amore idealizzato, quest’ultimo è tormentato, difficile e ostacolato, e dovrà realizzarsi a tutti i costi, pena la continuazione all’infinito del romanzo; i cattivi riescono sempre a cavarsela, salvo ad un certo punto della storia cadere, improvvisamente, esanimi, che sia per una malattia, per un delitto o per un tranello, come se l’autore non ne avesse più e decidesse che ad un certo punto la storia ha bisogno di sbarazzarsi di loro per terminare.


In questa serie, esistono due livelli di protagonisti: i personaggi, e poi l’ambientazione circostante. Quest’ultima prevarica in “Fu sera e fu mattina”, nel quale i personaggi hanno comunque degli spunti interessanti e la storia a volte prende delle pieghe per nulla scontate. Per questo, è decisamente il mio volume preferito. In “Mondo senza fine”, i personaggi sono meglio caratterizzati, ma troppo simili ai loro predecessori de “I pilastri della terra”. Comunque, le vicende storiche, la peste, la società, tutto è descritto con così tanta maestria che un po' mi sento in colpa per aver appena ammesso che “Fu sera e fu mattina” è il mio preferito. La discriminante la fa il periodo storico: nessuno (o pochi) ha mai parlato dei “secoli bui”, e per questo il libro è per me interessantissimo. I personaggi de “La colonna di fuoco”, invece, non rendono. Follett li ha voluti ricalcare a somiglianza di tutti i loro predecessori, ma questa volta gli sono usciti solamente dei personaggi bidimensionali e privi di mordente. Ned Willard, che dovrebbe rappresentare il successore di Edgar, di Jack il Costruttore e di Merthin, è solo una specie di spia dell’FBI (solo che, invece di trovarsi al Pentagono, Ned è uno degli uomini più fidati della regina Elisabetta I), che non riuscirà mai a prendere una decisione definitiva nel corso della sua vita, rimarrà sempre bloccato tra due fuochi (Margery e Sophie) e al servizio di un potere più forte di lui, che non metterà mai in discussione. In conclusione: l’ho odiato. La lotta tra protestantesimo e cattolicesimo è descritta con la solita maestria che caratterizza Ken Follett, eppure ho continuato a preferire le vicende sconclusionate di Dreng l’ubriacone e della sua bottega in “Fu sera e fu mattina”. Non c’è un motivo: forse, semplicemente, il basso medioevo non fa per me.


Nove mesi dopo, eccomi qui alla ricerca di una nuova saga da cominciare e con la testa ancora a Kingsbridge, alle sue locande e ai suoi mercati, al convento di suor Caris e alla cattedrale. Forse non la supererò mai. Ogni tanto capita che la sera, sedendomi sul divano, allunghi il braccio per prendere il libro che sta in alto, sopra le riviste e i quotidiani, e mi ritrovi tra le mani “La colonna di fuoco”, il segnalibro abbandonato a sé stesso nella quarta di copertina e le pagine ingiallite. Allora mi sento triste, e questo mi fa ricordare perché io ami con tutta me stessa le saghe familiari. Questi nove mesi mi hanno insegnato che se sono così belle, ci sarà un motivo: le storie finiscono, dopo tutto, e tu non ci puoi fare niente. Devi solo accettarlo. La monotonia della vita, che inizia e finisce…

Nel frattempo, se non mi trovate, sono in bagno a piangere.


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