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Immagine del redattoreMartina Nicelli

Christine, la macchina infernale. Appuntamento con Stephen King

Ricordo che alle superiori un insegnante (pazza, forse?) ci fece guardare il film di IT. Io rimasi così sconvolta da decidere che non avrei mai guardato altro tratto dai libri di King e che mai mi sarei cimentata nella lettura di uno di questi.


C’è da dire che, nonostante il mio amore sconfinato per il giallo scandinavo (che sul macabro, sul sottile filo del terrore e sull’angoscia ha delineato il suo segno distintivo), sono sempre stata una gran fifona. Non ho mai apprezzato i film horror, ne ho guardati pochissimi e in generale se mi capita di vedere delle scene con un po' di suspance durante un film, tengo gli occhi chiusi. Questa mia ritrosia non mi aveva mai permesso di approcciarmi a libri “horror”, quali, ad esempio, i libri di King.


Poi un giorno mi sono detta: cosa sarai mai, rispetto a tutti gli autori nordici che hai letto? Forte di questa convinzione, ho comprato “Duma Key” e l’ho lasciato a impolverarsi sullo scaffale della libreria.

Non so che cosa mi abbia convinta, sul finire dell’anno scorso, a prendere finalmente in mano un libro di King e a leggerlo fino alla fine. Era da un po' che ci volevo provare, ma altri autori, altri generi e altre circostanze totalmente ininfluenti non mi avevano mai dotata del coraggio necessario per approcciarmi a questo nuovo (per me) genere letterario.


Ho un amico che da anni mi consiglia di leggere “On writing” di King. Per questo motivo, è stato preso in giro in plurime circostanze; infatti, solitamente si dimentica di avermelo già consigliato, e ogni volta che ci vediamo attacca di nuovo con la tiritera: “Sai Marti, dovresti proprio leggere…”. Fortunatamente, ogni tanto si è ricordato di consigliarmi anche altro di King, e tra questo altro c’è stato proprio “Christine. La macchina infernale”.

Questo amico è stato il primo con il quale ho parlato dopo aver finito “Christine” (per gli amici, senza il sottotitolo), e sebbene lo avesse letto anni e anni fa, ancora si ricordava la trama per filo e per segno. Questo mi ha dato conferma di trovarmi di fronte a un libro – e a un autore – che non si dimenticano facilmente.


King è superbo nel descrivere il mondo degli adolescenti, ed è un dettaglio che ho scoperto leggendo questo libro. Per me, prima, King era solo uno diventato famoso perché aveva scritto libri che fanno paura. Invece, leggendo un suo romanzo ho scoperto che c’è molto di più. Se dovessi trovare un aggettivo a tutti i costi, direi che i suoi sono libri equilibrati. E, badate bene, per me un libro equilibrato è forse la forma più alta di letteratura che possa esistere. Pochi libri (o film, o album), una volta terminati, mi hanno lasciato una sensazione di tale equilibrio: mi è successo, ad esempio, con “L’uomo di neve” di Jo Nesbø, oppure ascoltando “The Lumineers”, album dei, appunto, “The Lumineers”, del 2012. Quando ho voltato l’ultima pagina del romanzo, ho pensato che fosse perfetto. La storia era stata “tirata” al punto giusto, un po' come la sfoglia delle “zdore” bolognesi. Nessuna inutilità, climax centrale, discesa finale. Una storia perfetta per un film (che poi, guarda un po', nel 1983 hanno fatto davvero).


Ma la paura?


Il mio antagonista principale, il mio incubo, la mia ritrosia più completa che non mi aveva mai permesso di leggere un libro di King. Sarà l’averlo iniziato e terminato durante i miei viaggi in metro, sarà che questo è un libro che (come mi ha spiegato il mio amico di cui sopra) appartiene al “primissimo King”, quello che non aveva ancora sperimentato l’horror più assoluto e che, fondamentalmente, scriveva storie per ragazzi. E le sapeva scrivere molto bene, esplorando il loro essere interiore con una maestria senza pari. Saranno tutti questi ingredienti, ma io questa famigerata paura non l’ho tanto provata. Solo qualche brivido a ripensarci, nei momenti più strampalati della giornata. Ad esempio, una volta ero in macchina con il mio ragazzo, e ho pensato a Leigh seduta dentro Christine con Arnie al suo fianco…credo che questa sensazione di leggera angoscia rientri nel concetto di equilibrio di cui parlavo.


“Christine. La macchina infernale” mi ha fatto venire voglia di leggere altri libri di King? Sì, decisamente. La storia, di per sé, mi ha spaventata? No, direi di no. Mi ha almeno un po' terrorizzata? Questo sì, a tratti. E’ stato tanto orribile come pensavo? No, per niente.


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