«Tra vent’anni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. Perciò molla gli ormeggi, esci dal porto sicuro e lascia che il vento gonfi le tue vele». Questa frase di Mark Twain potrebbe essere utilizzata non solo come slogan ufficiale del programma Erasmus, ma calza anche a pennello con la destinazione che ho scelto, l’austera e ventosa Amburgo.
Almeno una volta nella vita, tutti noi abbiamo sentito parlare del programma Erasmus: si tratta di un progetto dell’Unione Europea, istituito nel 1987, che permette agli studenti universitari di intraprendere un periodo di studio in un ateneo di altri paesi membri dell’UE o di paesi extra-europei partner del programma. Il nome del programma (che corrisponde all'acronimo EuRopean Community Action Scheme for the Mobility of University Students) deriva dall'umanista e teologo olandese Erasmo da Rotterdam (1466/69-1536), che viaggiò diversi anni in tutta Europa per comprenderne le differenti culture. L’idea di fondo è che, studiando all’estero, ragazzi e ragazze possano migliorare le proprie capacità di comunicazione, la conoscenza delle lingue straniere e le competenze interculturali, particolarmente apprezzate nei contesti lavorativi contemporanei. Inoltre, il confronto tra sistemi d’istruzione diversi dovrebbe arricchire gli stessi studenti, fornendo loro nuove prospettive e spunti utili per il loro percorso formativo.
Per poter partecipare al progetto Erasmus, occorre possedere requisiti precisi: per prima cosa, è necessario essere iscritti a un corso di laurea triennale, magistrale oppure a un dottorato di ricerca. Oltre a questo requisito, occorre aver completato il primo anno di studi, essere cittadini dell’Unione Europea (o di Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Turchia) ed avere un livello di conoscenza linguistica adeguato, spesso certificato dalla stessa università di partenza tramite i CLA (Centri linguistici di ateneo). Una volta selezionati per l'Erasmus, allo studente è garantita una borsa di mobilità, con un importo mensile che varia a seconda del paese di destinazione e che consente di coprire in parte o per intero le spese di vitto e alloggio.
Per quanto riguarda gli esami, lo studente deve sviluppare prima della partenza il cosiddetto Learning Agreement, vale a dire un piano di studi nel quale sono inclusi gli esami che intende sostenere all’estero. Questo «accordo di studio» tra studente, università di appartenenza e ateneo ospitante è un documento fondamentale, che garantisce la convalida in Italia degli esami sostenuti durante l’Erasmus. Per molti studenti universitari europei, questo programma offre altresì l'opportunità di vivere all'estero per la prima volta in maniera indipendente. Tutto ciò aiuta a comprendere perché sia diventato una sorta di fenomeno culturale, molto popolare fra gli studenti universitari europei.
Non volendo essere da meno, all’inizio del quarto anno di studi mi sono tuffata anch'io nell’onda dell'Erasmus e sono volata ad Amburgo, città per me semisconosciuta (salvo poi scoprire qualche tempo dopo che, in realtà, è la seconda città tedesca per numero di abitanti) nel profondo nord della Germania, quasi al confine con la Danimarca. La scelta è stata facile: ho sempre avuto un debole per la terra teutonica, parlo il tedesco (più o meno) e il mio sogno nel cassetto è da sempre quello di vivere in una villetta tinteggiata d'azzurro acceso con vista sul Mare del Nord.
Quando sono arrivata ad Amburgo, avevo 21 anni - sono nata ad ottobre. Un mese dopo il mio arrivo ne ho compiuti 22. Avevo già lasciato il nido altre volte, ma sempre per qualche settimana o poco più. Questa era la mia prima volta da sola, senza alcun punto di riferimento. Pensavo di non poter sopravvivere senza le mie radici: eppure, ho scoperto che, se le radici non si possono tagliare di netto, è altrettanto vero che se ne possono creare di nuove.
Durante l’Erasmus ho imparato molte cose, sintetizzabili in otto punti:
1) La persona che siamo stati fino a quel momento non corrisponde sempre al nostro vero io. Andare in un posto dove nessuno ti conosce è una sfida: gli altri non avranno nessun preconcetto sulla nostra persona, noi non siamo obbligati a seguire uno schema.
2) Stare lontano rafforza le (vere) amicizie.
3) Una volta tornato, ti sembrerà di essere un madrelingua: vivere ogni giorno con persone che non parlano la tua lingua ti obbliga a cavartela e a migliorarti.
4) Ci saranno molti momenti difficili. Tanto per fare un esempio: da un giorno all'altro, la mia lavatrice ha deciso di rompersi. Con le mie sole forze e un manuale di istruzioni in tedesco, alla fine sono riuscita a ripararla, ma quanta fatica!
5) Rafforza il curriculum: avere alle spalle una o più esperienze di mobilità internazionale è sicuramente un elemento in grado di fare la differenza tra noi e gli altri candidati a un posto di lavoro.
6) Le prospettive cambiano: vivere circondati da persone che appartengono a un'altra cultura e vedono le cose in maniera completamente differente vi trasformerà senza che ve ne rendiate conto.
7) Si diventa indipendenti: vivere da soli in un paese straniero è un'occasione impareggiabile per imparare a superare gli ostacoli da soli.
8) Costruirai amicizie su scala globale: in ogni paese del mondo avrai un punto di approdo, qualcuno da incontrare e su cui potrai sempre contare.
Oltretutto, vivere all’estero ti permette di esplorare in lungo e in largo lo Stato (o la regione) nella quale vivi. Infine, ogni week-end è buono per prendere un aereo e viaggiare: Norvegia, Danimarca, Belgio, Repubblica Ceca sono solo alcuni dei paesi che ho visitato durante il mio soggiorno all’estero.
L’Erasmus è un’esperienza unica nella vita. Se saprete viverla al meglio, approfittando di ogni momento e non scoraggiandovi, potrebbe aprirvi quelle porte che non pensavate nemmeno di aprire lungo il vostro cammino. Non perdetela!
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