Poche cose al mondo possono eguagliare la bellezza del Medio Oriente.
Aspre dune, ambra e castano, polvere: il Medio Oriente è fatto di ampi spazi e impercettibili disgrazie.
C’è chi è incredibilmente colorato, e chi è avvolto in stoffe nere. C’è chi ti sorride e ti sorregge quando stai per cadere – provare per credere – e chi, invece, tira dritto senza nemmeno alzare lo sguardo.
Questo è il Medio Oriente e questa è, soprattutto, la Giordania. Terra racchiusa tra l'Arabia Saudita, l'Iraq, la Siria, la Cisgiordania, Israele, il Mar Morto e il Mar Rosso, la Giordania è punto d’approdo per milioni di profughi grazie alla sua economia stabile e alla pace che, a differenza dei suoi vicini di casa, la caratterizza. E’ incredibile pensare che la popolazione di Amman - capitale del paese nonché suo centro economico, politico e culturale – è formata al 70% di profughi, e l’intera popolazione della Giordania è aumentata a dismisura negli ultimi decenni proprio a causa delle guerre limitrofe. I giordani “di stirpe giordana” sono davvero pochi, come ci raccontava la nostra guida.
Durante il mio soggiorno in Giordania – durato poco più di una settimana - ho percorso moltissimi chilometri (tra i novecento e i mille). Sono partita da Amman, capitale del paese e suo maggiore centro, e ne sono rimasta immediatamente colpita. Come se la Giordania avesse immediatamente voluto catturarmi e farmi mantenere alta l’attenzione. Amman conta più di quattro milioni di abitanti; inerpicandoci per scalette e proprietà private – accessibili a tutti, a nostra discolpa -, siamo arrivati sul tetto di una abitazione dove, insieme a panni stese e antenne della televisione arrugginite, Amman si è mostrata a noi in tutta la sua interezza. Ancora distese, ancora ampie vedute, ma questa volta fatte di case marroncine costruite l’una sull’altra, come tante meringhe sfuggite alla sac à poche di un pasticcere distratto. E poi spezie, colori e suoni di clacson: un frastuono continuo lungo le strade. Sono passata dal Mar Morto, lago salato situato tra Israele, Giordania e Cisgiordania. E’ il bacino idrografico più basso e più salato del mondo e per tale motivo è chiamato anche Mare Salato, e qui ho sperimentato gli immancabili fanghi. Madaba è una città in mezzo al nulla (come quasi tutto in Giordania), selvaggia e autentica. Qui si trova la chiesa di San Giorgio, dove è contenuto il mosaico chiamato Mappa di Terrasanta, poiché raffigura l'itinerario per raggiungere Gerusalemme attraverso oltre centocinquanta località. Il mosaico è corredato di 157 didascalie in greco, che segnano i principali siti biblici del Medio Oriente, dall'Egitto alla Palestina. Purtroppo per questioni di tempo non sono riuscita a visitarla, sarà per la prossima volta. Da Madaba mi sono spostata a Petra, una delle sette meraviglie del mondo moderno. Ho avuto la fortuna di vederla anche in notturna – sì, fortuna, perché le visite di sera sono possibili solo il lunedì, mercoledì e venerdì – e l’atmosfera, rispetto al giorno, si è rivelata completamente diversa. Si arriva al Tesoro di Petra (“El Khasneh”) attraversando un Siq – il famoso passaggio stretto tra le pareti di roccia – completamente buio, ad illuminare il sentiero delle candele poggiate ai lati della strada e le stelle in cielo. Il giorno e il turismo di massa, invece, hanno rovinato Petra. Se vi sentite in forma per salire ottocento gradini, però, vi consiglio di raggiungere “al-Deir”, un edificio scavato nella roccia molto simile al palazzo del Tesoro. Lì, la vista dalle colline è valsa la giornata. Sono stata nel deserto del Wadi Rum, che mi ha rubato il cuore e i muscoli del collo, tanto sono stata con il viso all’insù a scrutare stelle mai viste prima e la maestosa Via Lattea. Lo stesso caldo provato nel deserto l’ho sperimentato anche ad Aqaba, città portuale (unico porto del paese), con un’altissima concentrazione di resort e barche e tanti ATM non funzionanti.
Giunta al termine di questo viaggio, so che quello che mi rimarrà della Giordania non è il sole - rovente, a volte soffocante come ad Aqaba o nel deserto -, non è Petra - tra le sette meraviglie del mondo moderno, sì, ma rovinata dall’uomo e dalla sua invenzione più distruttiva qua l’è il turismo di massa - e non è nemmeno l’hummus, per quanto io ora ne sia diventata dipendente. Più di tutto, rimarranno impresse nella mia mente le sfumature: dal marrone, al rosso, al canapa. La scala dei colori giordani è diventata, per me, la misura della spensieratezza. Canzoni urlate a squarciagola, risate, sudore, mentre rocce e distese immacolate mi avvolgevano. Il deserto del Wadi Rum non è il deserto che pensiamo: dune ce ne sono poche, ma quelle che ci sono - con la sabbia che improvvisamente diventa rossa e morbida - ti fanno battere il cuore all’impazzata. Mi rimarranno, soprattutto, le distese immense: ho capito di esserne affascinata, molto più che da ogni altro paesaggio naturale. Se fossi una pittrice, mi servirebbero solo due colori per dipingere le immagini che da settimane affollano la mia mente: l’azzurro del cielo e il marrone per la terra. In mezzo, il nulla. Mi emozionano le terre inesplorate e inospitali, brulle, e il territorio giordano ne è pieno. Sempre nel deserto, ho respirato sotto la più affascinante stellata ma vista prima. Eppure, di stelle ne ho masticate tante, nelle mie notti montane. Eppure, eppure. La Via Lattea e la sensazione che le cose, oltre a non dover sempre essere afferrabili, amano giocare a nascondino. La Giordania mi ha ricordato di essere sempre testarda: verso me stessa, e verso le cose che non si fanno trovare. E poi Amman: occhi profondi, scuri e penetranti, timidezza, ostilità, sorrisi e curiosità per i turisti, che non hanno ancora conquistato del tutto la capitale.
Una volta a casa, i paesi del Medio Oriente mi lasciano sempre la stessa sensazione: colori che riempiono gli occhi, incenso, frutta secca, datteri, un tripudio di profumi che si mescolano nell'aria. Caos e bellezza, tra dune e spezie.
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