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Immagine del redattoreMartina Nicelli

Bhutan - un grande passo verso i diritti umani

Aggiornamento: 24 feb 2022

Il 2020 sta finendo e un anno se ne va, direbbe una celebre canzone un po' riadattata. Mai come quest’anno, si può dire che siano accadute tante cose. Non ve le sto nemmeno ad elencare, perché tanto le sapete già. Tra Covid-19, elezioni americane e Brexit (ve la ricordate? Sì, esiste anche lei), durante quest’anno abbiamo rischiato di essere colpiti da una bomba atomica di informazioni diverse ogni singolo giorno, tanto che non ho mai sofferto così tanto di mal di testa come in questo 2020.

In questo anno di avvenimenti epocali c’è stato spazio anche per dei piccoli cambiamenti, passati inosservati ai più, ma che per molti hanno costituito la svolta della loro vita. Come quello del Bhutan.


Il piccolo regno himalayano

Oggi vi parlo del Bhutan, piccolo regno himalayano ai confini dell’Asia. Perché proprio di questo, direte voi. Beh, perché il Bhutan, per quanto piccolo, è riuscito recentemente a fare un grande passo verso i diritti umani.

Monarchia costituzionale dal 2007, il Bhutan è uno stato buddista, e per questo tollerante di natura: nei 2500 anni della sua lunga storia, non ha mai espresso condanne verso gli omosessuali o i loro costumi. Nel Buddismo, è anche possibile celebrare riti matrimoniali a coppie etero e omo, dato che il matrimonio non è considerato un sacramento ma semplicemente una benedizione di lunga vita coniugale.


I primi passi

Il Codice penale del Bhutan negli articoli 213-214 definiva l’omosessualità un reato e la puniva con la reclusione, che poteva variare da un mese ad un anno a seconda della specifica circostanza.

La condanna, in realtà, non è mai stata applicata, ma la legge rappresentava comunque un forte ostacolo all’uguaglianza di tutte le persone.

Nel 2019, però, le cose avevano iniziato a cambiare. La camera bassa votò per abrogare due sezioni del Codice penale del 2004, che rendeva illegale il “sesso innaturale”, concetto che era sempre stato fatto coincidere con quello di omosessualità.

L’omosessualità non poteva ancora dichiararsi completamente legale, ma il primo passo era stato fatto e il traguardo sembrava a tutti più vicino.

Certamente il clima di tolleranza di derivazione buddista ha da sempre contribuito ad alimentare la scalata verso la conquista dei diritti umani nel piccolo stato asiatico, che conta da anni sul suo territorio una rete ben nutrita di attivisti LGBT+, tra i quali l’associazione Rainbow Bhutan, che nel 2019 è arrivata a contare ben 136 membri.

Sulla scia di questi cambiamenti si è inserito anche Dzongsar Khyentse Rinpoche, il più importante insegnante buddista del Bhutan, che nel 2015 ha affermato che “l’orientamento sessuale non ha nulla a che fare con chi raggiungerà l’illuminazione”.


Il cambiamento

Il 10 dicembre del 2020 arriva la decisione storica: entrambe le camere del parlamento del Bhutan hanno approvato un disegno di legge per legalizzare le relazioni omosessuali. Il nuovo emendamento è passato con il voto di 63 dei 69 membri della Camera alta del Parlamento, e ora si dovrà solamente attendere che il re lo approvi per poter diventare legge a tutti gli effetti. La dicitura “sesso innaturale” rimarrà comunque presente nel Codice, ma alla stessa seguirà la spiegazione che con tale espressione non si intende “l’omosessualità tra adulti”.


Il Bhutan non è il primo in questo 2020

Non solo il Bhutan: in questo 2020 nefasto, anche il Gabon ha decriminalizzato l’omosessualità. E se il Gabon non vi sembra un esempio così eclatante – benché con questo articolo vorrei proprio sottolineare che nessun cambiamento è piccolo-, anche l’India ha eliminato le condanne per i rapporti tra persone dello stesso sesso già nel 2018.

Sicuramente, quello che ha fatto l’India è stato un esempio fondamentale per il piccolo regno asiatico: gli articoli 213 e 214 del Codice penale del Bhutan, infatti, erano stati ripresi -per non dire copiati- proprio dal Codice indiano. Non avrebbe avuto senso, a questo punto, mantenere in vita degli articoli che, di fatto, non sono mai stati applicati e che, tra l’altro, sono stati eliminati dallo stesso stato – l’India- che li aveva per primo introdotti.

Il ministero della salute e delle finanze del Bhutan, inoltre, si è apertamente schierato dalla parte dei diritti umani, sottolineando quanto questa scelta non sia una scelta dei pochi, ma di un paese intero: lo stesso ministero ha sottolineato come l’omofobia di stato rappresenti un ostacolo alla lotta contro l’HIV/AIDS, dal momento che gli uomini gay e bisessuali solitamente temevano di rivolgersi alle strutture pubbliche per il trattamento delle infezioni sessualmente trasmissibili.

Ma non solo: nel 2019, i legislatori di Taiwan hanno votato per legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e a luglio la Thailandia ha dichiarato di aver approvato un progetto di legge che riconosce alle unioni tra persone dello stesso sesso molti tra i vantaggi del matrimonio eterosessuale.


Passi avanti sì, ma con moderazione

Il pregiudizio contro le persone LGBTQIA è ancora molto forte nel piccolo regno asiatico, dove molte persone sono costrette quasi quotidianamente ad abbandonare la scuola o i social media a causa delle discriminazioni. Kyle Knight, ricercatore di Human Rights Watch specializzato in diritti delle minoranze sessuali, concorda: “Il Bhutan ha ancora tanto lavoro da fare per garantire che siano completamente tutelati i diritti delle persone che, a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere, sono state emarginate per molto tempo”.


Un passo avanti e uno indietro

Questo cambiamento costituisce sicuramente un passo avanti importante per il piccolo Bhutan: la speranza della comunità LGBT+ è che metta fine alle condanne, ma anche, e soprattutto, che dia il via a un processo culturale, che con il tempo eliminerà lo stigma che finora li ha colpiti.

È un primo passo, e va celebrato.

Come quello dell’Argentina, che ha da poco fatto un primo step verso la legalizzazione dell’aborto.

Notizie buone, ma anche notizie cattive, come se per un passo avanti nel campo dei diritti civili, poi ce ne siano due indietro: l'Ungheria di Orbán, infatti, prosegue la sua deriva autoritaria, vietando le adozioni alle coppie omosessuali.

La decisione storica del Bhutan ci rincuora, e ci fa ben sperare: il campo dei diritti civili è in continua evoluzione, e ogni svolta, seppur piccola, è un passo avanti verso la loro affermazione nel mondo di oggi, verso il loro riconoscimento come dogma per la realizzazione piena ed effettiva dell’individuo stesso.









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